Ho pensato agli ultimi venti anni perché mi sembrano quelli più densi di significato nel mio percorso artistico. Sono gli anni in cui ho avvertito la necessità di dipingere per cicli, necessità-espediente che mi ha permesso di affrontare e sviluppare i temi a me più cari.
Sono gli anni della rilettura pittorica di quegli autori che avevano costituito una sorta di mitografia letteraria della mia adolescenza: Pavese (Miti e simboli dell’infanzia) Pasolini (Periferie urbane, Memorie degli anni ‘50) e a ritroso nel tempo fino a Baudelaire (Les fleurs du mal). Sono gli anni dell’incontro con Ricardo Nunez e la riscoperta di Garcia Lorca in chiave coreografico - pittorica (Yerma, L'anto por Ignacio Sànchez) Nasce così anche Il Candelaio di Giordano Bruno.
Il nuovo millennio si apre con bagliori di guerra e nuove precarietà, il pittore si fa cronista del proprio tempo (Esodo).
E’ di questi ultimi anni il richiamo e il ritorno ai luoghi della mia geografia delle emozioni (Spagna-Portogallo-Marocco); Nascono così i paesaggi della memoria (Diario Viaggiante). Poi, l’incontro con l’editore Tullio Pironti riaccende la mia antica passione per il ritratto (Gli olii di Libri e cazzotti).
A un occhio attento non sfuggirà che, nel susseguirsi del tempo lo stile perde qualche leziosità e acquisisce più sintesi, attraverso un disegno meno descrittivo e un colore frammentato, che meglio si prestano a raccontare un tempo più carico di evanescenze. E di precarietà. Nel curare la mostra ho pensato che questo approfondimento autobiografico avrebbe avuto una funzione catartica e liberatoria, oltre che approfondire di più la conoscenza di me stesso.
L’auspicio, quindi, è che questa mostra non restituisca solo fatti e accadi- menti nella loro ragion d’essere, ma abbia la forza di tradursi in un’antologia dai veri significati pittorici.
Salvatore Ciaurro