A cura di Annarita Cardaropoli
Immagini evanescenti, dai contorni sfumati e sfuggenti, caratterizzano i luoghi della memoria di Salvatore Ciaurro e di tutti i luoghi che individualmente rappresentano il mondo dei ricordi. La loro stessa esistenza, a tratti nitida a tratti fosca, vive della sovrapposizione molteplice delle immagini evocate dalla nostra mente, senza seguire un ordine apparente, e rievocate con più o meno intensità al verificarsi di un evento, ma anche spontaneamente, senza una ragione.
Si offrono così agli spettatori i luoghi della mente dell’artista in mostra presso la chiesa sconsacrata di San Giacomo degli Italiani in Via Depretis, 50.
Lungo un percorso intimista e personale, storico e ricostruttivo, si accavallano, su ogni singola tela e ad una visione globale, emotività contrastanti e forti connotazioni suggestive, colori brillanti e combinazioni mosaicali in un attento e originale lavoro in cui ogni elemento sa perfettamente collocarsi, niente è affidato al caso, e tutto vive della complessità di cui viene a far parte nel modo migliore.
Oltre il colore anche le dimensioni e le posizioni dei singoli elementi giocano un ruolo determinante che ha un’importanza incredibile. La tecnica dell’erosione, quasi come se l’autore non mettesse materia sul quadro ma ne togliesse strati ben dimensionati ed a profondità diverse dalla tela stessa, per farne uscire il lavoro che è già presente in profondità ed aspetta solo di venir fuori, serve dunque a giustificare i colori stessi e la loro scelta, ma anche la disposizione delle figure risultando, in effetti, alla base della sua stessa tecnica e del suo modo di concepire l’arte.
Spesso, in primo piano, primeggiano figure umane e ciò che vuol essere ricordato come l’evento principale, tutt’intorno e sullo sfondo prospettive in fuga trasversale, quasi sfuggenti dal centro della tela o semplicemente sovrapposte per associazione o per diversità a quella che è l’immagine protagonista, proprio come accade al processo del ricordo.
In effetti quando l’inconscio, analizzato approfonditamente a partire da Freud e dalla sua scuola, prende il sopravvento, scattano, nell’animo umano, una serie di meccanismi automatici che ci rivelano i più profondi misteri del nostro spirito, quelli che volentieri ci sforziamo di non conoscere e che, quando cerchiamo di capire, ci appaiono incomprensibili. Il maestro Ciaurro parte da questo limite umano, alla scoperta dell’essenza profonda del proprio io per raccontarcela poi, a viso aperto, mettendosi a nudo fino in fondo. In una ricerca difficile e lunga fatta di mille tasselli che si “frantumano e si ricongiungono in continuazione, nel gioco stimolante, ma talora pericoloso, della memoria e della scoperta”, Ciaurro procede con coraggio e determinazione lungo il percorso creativo del suo lavoro alternando momenti positivi ad altri più difficili.
La stessa contrapposizione umana e personale si evince anche nella scelta diversificata di colori, spesso forti e luminosi, a momenti e lavori in cui le cose cambiano radicalmente. Assistiamo allora ad uno scurimento e più spesso scolorimento dei suoi quadri, ad una perdita di tonalità e lucentezza, più spesso di chiarezza. Così nella sua Crocifissione alle Asturie fino all’oscurità dei colori grigi e cupi del Processo Somario.
Più che in altre occasioni, l’autore parte, in questi casi, da un ammasso centrale di elementi, quasi fosse un nucleo di forze pulsanti dalle quali fuoriescono a poco a poco corpi di uomini ed animali che si rendono via via più nitidi e finiscono con l’isolarsi, nella loro individualità, dalla massa centrale che li ha generati.
In quest’ultimo lavoro citato emerge subito in primissimo piano il mezzo busto di un uomo di spalle con le mani intrecciate dietro la schiena quasi a simboleggiare il suo essere legato; subito dopo una donna sulla destra, visibile anch’essa di spalle, a corpo intero e con il braccio sinistro sollevato quasi in difesa ed ancora attaccato al nucleo centrale da cui proviene ed a cui appartiene; più a sinistra un altro corpo di uomo seguito in successione da un altro, nel centro a mala pena s’intravedono diversi cavalli sbizzarriti che sembra cerchino ancora di liberarsi dalla massa pulsante centrale che li attira dentro e dalla quale non riescono ad allontanarsi, in cima il simbolo della crocifissione umana, prima che divina, in un uomo disposto con le braccia aperte contro le infamie e le accuse dell’umanità.
Diversa la vasta gamma di colori splendenti che utilizza Salvatore in altri soggetti ed in altre situazioni come Colori a Gibilterra, Esodo, Syntra e soprattutto Frontiera a Ceuta.
Viviamo ora con lui gli ultimi viaggi in Marocco, Spagna, Portogallo sulle tracce dei suoi vissuti remoti, incontrando le persone che lui stesso ha incontrato, frequentando i luoghi, le città di tori, metadores, di esodi e mercati, di canti e di richiami, di donne ed abiti variopinti che lui stesso a frequentato. Riviviamo con lui i ricordi di una memoria che sovrappone situazioni diverse, non precisa i contorni, reinterpreta la realtà secondo la sua individuale personalità, ci mostra il sogno, il racconto del ricordo, il pensiero che riposa su alcune cose e su altre si sposta velocemente.
Il maestro ci lascia dunque, ed in ogni caso, una presenza costante e forte del suo vissuto interiore e fors’anche una lezione di vita.
Che ricercare le nostre profondità e riuscire ad esternarle senza tener conto del giudizio degli altri resti il modo migliore per accettarsi e definirsi, per vivere serenamente e nel modo più giusto la quotidianità sociale e civile?